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Monday, July 24, 2006

IN THE CROWD 







Mi ero ripromesso evitare di scrivere per un po’ di sfighe varie, ma quando in una settimana ti tamponano due volte e squagli la turbina, beh diciamo che tutto diventa piu’ difficile.
Non e’ molto difficile invece, fare il resoconto di una settimana in cui poco o nulla e’ successo, devo ammetterlo, d’ altronde questa citta’ ormai sembra essere diventata in un immenso acquario…E le occasioni di svago si contano sulle dita di una mano monca.
Momenti salienti ? Non c’e’ neanche partita, il concerto di Paul Weller all’ Auditorium.
Con il buon Enrico V.p.e., sabato scorso ci siamo regalati quasi due ore di Mod Father a livelli stellari (considerando anche le temperature tropicali che non aiutano certo in questi casi).
Arrivo in loco verso le 7.30 e mi dirigo verso il bar della struttura progettata da Renzo Piano,dove ad aspettarmi c'e' Enrico. Il caldo e’ a dir poco torrido, e nonostante il mio look, Fred Perry, un paio di jeans non certo attillatisimi e un paio di scarpe da bowling, sia piu’che adeguato mi sembra di avere una scafandro addosso…
Neanche faccio in tempo a salutare Enrico, che mi dice di aver colloquiato amabilmente con il dott. Weller nel bagno del locale, ora il Mod Father siede davanti a una fila di bicchieri vuoti due tavoli piu’ avanti con la band e non trovo proprio il cuore di andarlo a disturbare…
Lo trovo un po' piu ingrassato ma comunque stilosissimo, decidiamo quindi di ripiegare su due negroni.
Verso le 21.00 la band sale sul palco. Accompagnato dai fedeli Steve White alla batteria, Damon Minghella al basso e Steve Craddock alla chitarra, il ns. ci regala una scaletta bella corposa (mi sembra di aver contato 25 pezzi).
Il palco e’ spoglio, solo un’ Union Jack con il consueto motto Fire + Skill penzola da un’ ampli Marshall alla destra del Mod di Woking, per il resto niente fronzoli, tanta sostanza e una parata di chitarre da infarto. Il concerto inizia in chiave acustica/intimista pescando in buona parte dall’ ultimo, ottimo, As is Now, e inserendo in questa porzione Wishin on Star da Studio 150 e la classica Wild Wood, scorrono quindi in fila pezzi da Stanley Road, The Changinman, la sequenza al piano di e Broken Stones eYou do something to me poi Porcelain Gods/I Walk on gilded splinters, da Heavy Soul vengono suonate Peacock suite e Up in Suze’s Room.
Sul palco la band macina alla grande, compatta come un treno in corsa, ma anche capace di squisite raffinatezze quando occorre, a guidare le danze c'e' pero' il Mod Father che nonostante si avvicinino pericolosamente i 50 ha ancora un' energia devastante e quell' arroganza tipica di chi e' uscito dal punk, viene dalla working class e non perde occasione per dimostrartelo. Te ne accorgi anche da come si approccia anche ai pezzi piu' morbidi, da quel suo modo quasi rabbioso di graffiare anche quando non te lo aspetti. E il concerto scorre come in una marcia trionfale, con noi presenti avvolti una bolla di calore che neanche i Flaming Lips, ma felici e contenti. Non potevano certo mancare richiami al glorioso passato da cui vengono tirate fuori dal repertorio dei Jam In the Crowd, e ti chiedi quanti dei gruppi inglesi della nuova generazione sarebbero in grado di scrivere un pezzo cosi', e nel finale trovano spazio la Long Hot Summer dell’ avventura Style Council, Sunflower da Wild Wood e la chiusura col botto di A Town Called Malice, con la gente che abbandona i posti sui cui era stata educatamente seduta fino ad allora per catapultarsi il piu' velocemente possibile verso il bordo esterno della Cavea per ballare portarsi a casa qualche scatto di questa magnifica serata.
Per me concerto dell' anno senza nessuna esitazione.


Foto di Giovanni De Liguori ( www.ilpopolodelblues.com )





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