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Saturday, February 07, 2004

Sabato mattina, non c'e’ nulla da fare o almeno nulla che mi vada realmente di fare.
Sky come al solito fa cagare ( penso solo io che Tele + fosse infinitamente migliore).
Effettivamente ho un paio di libri a metà, ma la prospettiva di riprenderli non mi alletta per niente.
Ecco in questo sconsolante paesaggio apparire nel mio cervello un’idea malsana che potrebbe donare un tocco di progettualita’ al blog. Eccomi dunque rovistare tra gli lp e i cd che posseggo tutti i dischi usciti nell’ anno del signore 65’. Sono effettivamente di più di quanto pensassi.
Et voilà ecco apparire nella mente “Once Upon a time… in 1965”.
Non so se riuscirò a portare avanti questo “progetto”, quindi se ci riuscite gustatevi questa prima. Potrebbe essere unica.



Once Upon a time in …1965 part.I

Byrds- “Turn,turn,turn” (Columbia 1965 ristampa Sundazed)

Avrei potuto parlarvi del primo loro disco “Mr. Tambourine man” uscito anch’ esso nel 65’.
Il fascino discreto e pensoso di questo secondo album me lo ha fatto preferire. Oltretutto il suo essere sempre in secondo piano nelle discussioni sulla band, mi ha offerto una ghiotta occasione per restituire lustro a questo grande album.
Nel 1965 i Byrds rappresentano ancora la big sensation del rock a stelle e striscie. Il suono dolce della rickenbacker 12 corde di McGuinn, la sezione ritmica spartana firmata Hillman-Clark e il songwriting di Gene Clarke impongono uno standard con cui si dovranno confrontare tutte le band del movimento folk-rock (vedi il 1° album dei Love). Si scomodano addirittura i Beatles nelle figure di John Lennon e George Harrison per tributare i giusti onori ai loro emuli californiani.
A conti fatto però il loro tanto celebrato 1° album e’ soprattutto una collezione di pezzi di altri. Riarrangiati certo attraverso il loro approccio fatto d’elettricità e dolcezza, ma pur sempre di cover si tratta. Nei dodici pezzi presenti solamente 5 pezzi portano la firma di McGuinn e Clarke, mentre ben 4 sono le cover di Dyaln. Nonostante questo per la band si
spalancano le porte del successo, anche se pare chiaro a tutti che già per l’album successivo, bisognera' puntare decisamente sul songwriting, anche per allontanare le critiche di chi li vede come una cover band e basta.
E’ in questo tipo situazione che “Turn, turn, turn” irrompe nel mercato. Il successo del primo album non lo sfiora nemmeno. Raggiungerà solamente il 17 posto nelle classifiche di billboard. La sua più grave colpa consiste nel fatto di non rappresentare piu' una novità, e soprattutto d’essere meno immediato e “potente” del suo predecessore. Più fortunato sarà il singolo omonimo che toccherà la vetta poco dopo la sua uscita. La leggenda racconta che le take per il pezzo a dispetto della cristallina semplicità che lo avvolge, oscillino fra le 50 e le 70. Visto il risultato però nella valeva sicuramente la pena, ancora adesso il pezzo rimane uno dei più conosciuti del gruppo e contiene tutti quegli elementi, che caratterizerrano la prima fase della band. Ancora una volta però i Byrds si trovano in vetta con un riarrangiamento di un pezzo della tradizione folk addirittura composto da versi presi dalla Bibbia. Uno dei versi finali “A time for peace, i swear it’s not too late” diventera' tragicamente d’attualità per una generazione che andava a morire in Vietnam.
Anche in questo disco ci sono pezzi di Dylan come “Lay down your weary tune” e soprattutto la protest song per eccellenza “The time they are-a changin’” riletta però in maniera stramba, quasi ironica. Anche dalle scelte delle cover la band dimostra di preferire il lato più poetico di Dylan rispetto a quello combattivo di folk-singer arrabbiato.
Fra i pezzi migliori c’e’ anche una rilettura di uno standard folk che rielaborato da McGuinn diventera' "He was a friend of mine" ovvero l' omaggio della band a J.F. Kennedy, ucciso tre anni prima a Dallas.
Il resto però e’ farina del sacco dei Byrds.
A dispetto delle note interne in cui a Roger McGuinn viene dato lo scettro di leader della band, in questo album la parte del leone la recita Gene Clarke a testimonianza dell’enorme importanza rivestita dal cantante nella prima fase della band.
I suoi pezzi da “Set you free this time” passando per “If you are gone” “The world turns. All Around her” fino alla b-side “She don’t care about time”, rappresentano l’ apice del disco.
Il forte di Clarke sono le torch-song, che giocano sul tema dell’amore torturato e infelice e sull’insicurezza personale, caratteristiche che diventeranno un suo marchio di fabbrica. ll suo songwriting e' decisamente sopra la media e sopratutto migliore all' epoca di quello di McGuinn e Crosby. Basta ascoltare anche distrattamente un pezzo come “She don’t care about time” relegata a b-side del 1° singolo per rendersi conto che molte band moderne ucciderebbero per un pezzo del genere.
Da segnalare c’e’ anche la prima canzone firmata dalla premiata ditta McGuinn-Crosby “Wait and see” mentre a chiusura del disco è posta non senza una buona dose di coraggio e avventatezza una versione accelerata e giocosa di “Oh Susannah”.
Non mi resta molto altro da dire. Un consiglio se qualcuno di voi comprerà questo album si faccia un regalo e compri questa versione in vinile. Certo spenderà qualcosa in più e avrà qualche bonus track in meno, ma ne vale veramente la pena.

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